L’interferenza che racconta l’Universo

Einstein più di 100 anni fa aveva intuito, studiato e descritto le onde gravitazionali senza averle mai viste.

Nel 1916 è stato proprio lui ad esprimere il concetto per cui la gravità è il risultato della deformazione dello spaziotempo, dovuta alla presenza dei corpi ed all’energia in essi contenuta. Queste deformazioni si propagano tramite le onde gravitazionali. Queste ultime, come viaggiatori nel tempo e nello spazio, ci servono per studiare e capire i grandi eventi che hanno originato l’Universo.

Ma come si rilevano le onde gravitazionali? Come possiamo dimostrare che esistono? Lo strumento che le misura si chiama interferometro. È composto da due bracci perpendicolari di uguale lunghezza (parliamo di 3 Km) dentro cui corre un raggio di luce. Il raggio entra nello strumento e viene diviso in due parti da uno specchio, così da fare correre ogni parte su un braccio. Arrivati in fondo ai bracci, i raggi tornano indietro e si ricongiungono. Se ritornano nello stesso tempo le due parti si ricongiungono in un raggio di luce uguale a quello originale di partenza; se una delle due è ritardo o in anticipo si forma un raggio diverso. Questo risultato si chiama “interferenza”, dalla quale origina il nome dello strumento. Il tempo di attesa di un’interferenza varia moltissimo e può durare decenni. Quando però lo strumento emette il suo beep sappiamo con certezza che l’Universo ci ha voluto raccontare qualcosa della sua storia.

Molti non sanno che in Italia a Santo Stefano (PI) abbiamo Virgo, uno dei più grandi interferometri esistenti al mondo. È frutto del lavoro di 280 fisici ed ingegneri di diversi gruppi di ricerca europei. È un sistema di trasmissione che non conosce confini, che non teme le distanze e non si arrende al tempo e ci può aiutare a comprendere meglio fenomeni come i buchi neri e l’evoluzione del cosmo.