Barbara Mazzolai è la coordinatrice del progetto europeo “Plantoide”

Biologa con un dottorato di ricerca in Ingegneria dei microsistemi alle spalle, Barbara Mazzolai oggi è la direttrice del Centro di micro-biorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia e membro del Scientific Advisory Board del Max Planck Institute for Intelligent Systems. Inoltre, Mazzolai è la coordinatrice del progetto europeo FET-Open “Plantoid”, volto allo studio della nuova generazione di tecnologie ICT che hanno origine dalla forma e dalle funzioni delle radici delle piante, sviluppate al fine di monitorare l’ambiente nel quale si trovano.

Il progetto prende ispirazione dalle capacità delle piante di comunicazione, movimento e interazione con l’ambiente. Rifacendosi a tutte queste straordinarie proprietà dei vegetali è nato il plantoide: un robot che, grazie alle sue radici nel terreno è in grado di analizzare l’umidità, la presenza dell’acqua e la fertilità. Tecnologia che non ha un cervello centralizzato, bensì un’intelligenza distribuita proprio come quella delle piante.  In natura le radici vanno verso l’acqua o altri nutrienti, quelle del robot possono essere modificate per andare verso una certa sostanza inquinante. Sono in grado appunto di raggiungere zone inaccessibili e aree remote, e possono essere utili anche per raccogliere dati poco conosciuti come la concentrazione di anidride carbonica nel suolo. Ad ora, il plantoide fornisce dati preziosi per il monitoraggio ambientale ed è un ottimo alleato per l’agricoltura sostenibile, ma i campi applicativi potrebbero essere molteplici e nel lungo termine potremmo vedere plantoidi utilizzati anche in ambito medico oppure nel campo dell’ingegneria spaziale.

Grazie alla sua ricerca, alla coniugazione tra robotica e natura, Mazzolai è stata inserita nel 2015 tra le 25 donne della robotica da Robohub. “Dobbiamo iniziare seriamente a pensare all’impatto che queste tecnologie avranno sull’ambiente”, ha aggiunto Mazzolai. “Oggi siamo circondati di strumenti tecnologici che invecchiano troppo presto e si trasformano in spazzatura molto inquinante e difficile da smaltire. Non possiamo studiare l’ambiente e poi contaminarlo: l’elettronica sostenibile è di certo una sfida molto difficile ma dobbiamo assolutamente affrontare il problema”. Questo ambizioso progetto europeo, capitanato da una biologa italiana, ci insegna che la tecnologia ha ancora molto da imparare dal mondo delle piante e ha la responsabilità di innovarsi in modo attento e rispettoso verso queste e l’ambiente.