Il caso neuralink
Lo scorso 15 febbraio la Fondazione Bassetti ha partecipato a un evento dal titolo “Con la forza del pensiero. Il caso Neuralink: un’analisi tra scienza e neuroetica”. L’iniziativa, organizzata dalla Società italiana di neuroetica e filosofia delle neuroscienze, era dedicata alla riflessione sui profili etici, scientifici e giuridici, del recentissimo caso di impianto nel cervello umano del dispositivo “Neuralink” annunciato da Elon Musk.
Il 29 gennaio l’imprenditore ha pubblicato su X che il primo uomo aveva ricevuto un impianto Neuralink. Persino i media più autorevoli sono caduti nella “trappola di comunicazione” che facilitava l’equivoco tra “first human” a “first implant”. Non si spiegherebbe, altrimenti, il clamore da “rivoluzione tecnologica” per una pratica – quella di installare impianti neurali con lo scopo di recuperare deficit motori, di stimolare corticalmente pazienti con depressione resistenti ai trattamenti – che in 26 anni è ormai diventata di routine. Durante l’evento del 15 febbraio, è stato Marcello Ienca (Technical University Munich) a ricordare gli straordinari risultati di Edward Chang a San Francisco con un impianto capace di far tornare la parola a persone afasiche. In Italia, c’è Corticale, startup dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, in cui lo svizzero Luca Berdondini, ha sviluppato un’interfaccia simile a quella di Neuralink.
Come rileva Marta Maria Sosa Navarro, esperta di diritto internazionale dell’università Milano Bicocca, «Queste innovazioni si inseriscono in un vuoto normativo. Se in Europa gli impianti neurali sono considerati dispositivi medici, in Usa non sono che un prodotto di consumo, mentre, preoccupati esclusivamente per rischi di salute e sicurezza, i diritti umani rimangono ignorati». «Ci troviamo di fronte a una straordinaria strategia di marketing» conclude Ienca. «Dovremmo considerare questa una data spartiacque, non per l’innovazione tecnologica – ricordo che su dieci trial clinici nove falliscono e per Neuralink siamo solo all’inizio – ma per l’etica della ricerca. Mai nella storia, su un tema tanto sensibile, c’è stata una comunicazione così grossolana e antiscientifica. Non una riga di dati scientifici è stata pubblicata, ed è la prima volta che un trial clinico sia stato annunciato senza essere registrato come richiesto dalla Dichiarazione di Helsinki della World Medical Association. La notizia buona è che questo clamore mediatico, quasi interamente legato alla figura di Musk, potrebbe dirottare il flusso di investimenti, finora limitati, verso la ricerca sulle interfacce neurali. La notizia meno buona è invece che, un’azienda che si muove in questo spazio in barba a ogni linea guida è un pericolo per tutti: un suo passo falso impatterebbe sull’intero settore minandone la credibilità. Una conferma che un vuoto etico comporta rallentamenti per la ricerca e per l’innovazione e non il suo contrario».