Ricreo, Riciclo, Ripunto
L’arte di riciclare è antica quanto l’uomo. Si va dai materiali edili usati in culture successive (capitelli, colonne) per costruire nuovi edifici, all’arte giapponese del kintsugi che ripara con pasta d’oro le ferite delle cose, per rendere l’oggetto fragile più prezioso che le cose nuove. Ma è quando la produzione industriale moltiplica a dismisura gli oggetti di consumo che l’arte del riciclo acquista una sua voce sonora. È André Breton, soprattutto, che, nel surrealismo, inventa la possibilità di salvare gli oggetti reietti, gli scarti, consegnandoli all’abbraccio dell’arte. Nascono così le sue famose opere, gli object trouvé, irrise a suo tempo e oggi contese dai maggiori musei. Contese perché esprimono l’indicibile e prima di ogni ragionamento costruiscono per le società dell’iper consumo un varco alla speranza. Speranza perché nel nostro tempo sovraffollato l’idea di un’economia circolare che porti al riuso del troppo che è stato prodotto è un modo per salvaguardare la memoria degli oggetti e risparmiare materiali ed energia. Due piccoli esempi. Greta Naselli che nel suo negozio laboratorio di Catania (Repunto) riusa vecchie stoffe per fare cose nuove, pouf e borse, e dice “Tutti gli artigiani sanno che la materia ha un valore e che quindi è possibile rinnovarla e rigenerarla”. E Angelo Inglese il camiciaio che dal profondo sud di Ginosa veste i reali di mezzo mondo. Angelo, che è un creativo vero, ha preso accordi con l’azienda artigianale di pasta di Raimondo Mendolia e con i ritagli delle sue stoffe avvolge un prodotto eccellente (UNO.61) con tessuti di fantasia. La pasta viene trafilata in oro, il nome è quello della sezione aurea di Fibonacci, l’origine della meraviglia, e i sacchetti possono diventare pochette, portatablet, foulard. Scarti di lavorazione che prendono una seconda vita. È importante che questa grande corrente passi dall’arte alla manifattura, che torni all’artigianato e ne allarghi il campo e la prospettiva, in modo che, gli oggetti abbiano una vita lunga e felice, in modo che, prendendo in prestito il titolo di un gran bel libro, ogni cosa ne esca illuminata.
Articolo © Giovanni Lanzone