Viotti e l’invenzione dell’archetto

Fino al VI secolo i canti venivano trasmessi oralmente, quando si incominciò ad utilizzare una “notazione” di origine greca che utilizzava le lettere dell’alfabeto e che nei paesi anglosassoni è ancora in uso (A = la, B= si, C = do, D = re, E = mi, F = fa, G = sol).

I nomi delle note come li conosciamo noi risalgono al XII secolo e corrispondono alle sillabe iniziali dei primi sei versetti di un inno a San Giovanni Battista: UT queant laxis / REsonare fibris / MIra gestorum / FAmuli tuorum / SOLve polluti / LAbii reatum, Sancte Iohannes. Fu Guido d’Arezzo, un celebre teorico della musica, a notare che ciascun versetto corrispondeva a una diversa tonalità e a utilizzarne le iniziali per definire le note. Ancora oggi dobbiamo l’invenzione del “rigo musicale” e il tetragramma al monaco benedettino.

Oltre alle note musicali, vi è un’altra importante scoperta che fa capo a un italiano: l’archetto. Costituito da una bacchetta di legno, l’archetto tra le sue due estremità ha un fascio di crini di cavallo fissato, la cui tensione è regolata da un meccanismo a vite. L’arco è essenziale e serve a caratterizzare il suono e a renderlo espressivo, modellandolo nelle sue sfumature più sottili. Appunto, le mani del violinista hanno due utilità diverse: la mano destra, che regge l’archetto, produce il suono mentre la mano sinistra, che si muove lungo il manico, determina l’altezza delle note.

Nato a Fontanetto Po nel 1755 e morto a Londra nel 1824, Giovanni Battista Viotti – compositore, musicista, formatore – oltre ad aver contribuito alla diffusione del nome del liutaio cremonese Stradivari, è considerato uno dei padri della scuola violinistica moderna. Viotti, insieme a François Xavier Tourte, definì l’arco attuale, grazie alla forma leggermente concava, il peso bilanciato e l’utilizzo del legno di pernambuco curvato a caldo. Il famoso virtuoso Viotti pare dicesse: “Il violino è l’arco”.